CORRADO BAGNOLI E IL SENSO DELLA POESIA A SCUOLA.

I poeti che sono stati bravi insegnanti lo gridano da anni in tutte le salse. Ma come far arrivare questo appello accorato alle stanze dei palazzi?

I giovani si salvano solo se la scuola li mette davanti al senso delle cose. Non serve assolutizzare un ambito di riuscita, meglio tornare a fare poesia

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2 commenti

  1. Se il pensare ha a che fare con la “domanda di senso, il mistero” vuol dire comunque tener conto di ciò che una tradizione filosofica non recente afferma. Ovvero che è essenziale sentirsi, essere in sintonia con il pensiero pensato dagli altri. Essere gettati nel mondo, questo è. E certo per raggiungere questo risultato bisogna rifuggere dalla “assolutizzazione degli ambiti di ricerca”. E invece nella scuola italiana non accade, e invece la poesia nella scuola italiana è ridotta a slides – come Bagnoli ci ricorda con una immagine efficace. E nessun poeta-maestro o maestro-poeta riesce a rimediarvi, soffocato dall’essere sempre un unicum, una rarità fragile e transeunte; aggiungerei un esempio di pedagogia creativa che non diventa mai paradigma adottabile. Forse è qui il nocciolo duro della questione: manca una filosofia dell’educazione da cui scaturisca una pedagogia praticabile per mettere in atto una didattica “anti-slides”. Non solo: un mia modesta esperienza tangente alla scuola mi ha fatto scoprire che, laddove si riesca ad introdurre semi di “poesia pedagogica o pedagogia della poesia”, questi stentano a germinare. Rimangono sterili, insomma. Come se – a ben guardare – fossero considerati un pericolo per raggiungere quei risultati che la pedagogia-priva-di-senso vuole raggiungere. Quanto qui accennato mi è utile per introdurre una umile intuizione in merito a quanto Bagnoli (ma anche lo stesso Aglieco) hanno sostenuto e sostengono da molti anni forti della loro esperienza dentro la scuola. Ovvero che la scuola tema “la domanda di senso, il mistero” che si cela dentro la poesia-essenziale, la poesia trasportata, messa a contatto, fatta ascoltare alle nuove generazioni, seguendo le loro inclinazioni, seguendo la storia e i suoi mutamenti dentro al quotidiano (nella dimensione bene indicata da Michel De Certeau). Lo teme perchè se ne accettasse il mistero, allora la scuola stessa – e la società che ne discende inevitabilmente – ne sarebbe trasformata (stavo per scrivere rivoluzionata). Ma appunto è la parola “rivoluzione” quella che mi pare evocare l’essenziale forza della poesia introdotta in una scuola che si pensa debba essere ancella del mondo del lavoro, della tecnologia ad esso asservita, del macchin-ismo del pensiero ad esso collegato. In ultimo, ma non da ultimo, indico con dolorosa rassegnazione come la pedagogia si sforzi da decenni di essere sempre più scientifica, come se la scienza fosse l’essenziale e non – torniamo al capo del discorso di Bagnoli – il “pensare che ha a che fare con la domanda di senso, il mistero”. Finisco col dire che un dibattito di questo tipo è lontano dalla scuola; come un mondo alieno; un altro mondo; il mondo del “Piccolo Principe” che viene tanto letto e promosso tra i banchi ma che, probabilmente, spaventa per la rivoluzione di pensiero di cui è portatore. Grazie.

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