Plinio Perilli MUSEO DELL’UOMO
poesie e poemetti
1994 – 2020, Zona 2020
“Ho costruito questa raccolta di poesie e poemetti civili con la certezza e il bisogno di una lirica che non fosse più solo arzigogolo testuale, o performance sperimentale, ma neanche elegante avvitamento di stile, manierismo alchemico-intellettuale, esercizio postermetico o peggio smielata effusione romantica. Poesia (e pulsione – conosciamo Freud) assolutamente moderna: dettame in verità scontato, dopo la parabola irriverente e i lampi fatati di Rimbaud; ma comunque in strenua ricerca, se non archeologica, emotiva, delle nostre radici culturali, delle nostre vestigia profonde, ineludibili”. (Dalla premessa di Plinio Perilli).
“Poesia inarrestabile quella di Plinio Perilli: come in un fluire ininterrotto della parola che si confronta con tutti gli aspetti del mondo, che, nel dare voce all’umano, a un appassionato bisogno e desiderio di umanità, mira a raccoglierne e a preservarne religiosamente le tracce più varie, in quello che il titolo stesso di questa raccolta indica conseguentemente come Museo dell’uomo. (…) Con una intensa pietas verso le vite e gli oggetti, verso il palpitare degli esseri, verso il respiro della natura, verso le forme dell’arte e della bellezza, pur entro una dolorosa osservazione delle più diverse lacerazioni storiche, di quelle a cui la sua generazione ha assistito e di quelle vissute dalla generazione dei padri. (Dalla nota introduttiva di Giulio Ferroni)
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Plinio Perilli ci dice, dunque, nella sua premessa, ciò che questo libro non vuole essere, elencando una serie di “mali” della poesia contemporanea ma, direi, a monte, le maggiori responsabilità di poetica del secolo trascorso.
Piuttosto si attiene alle fitte tracce lasciate nel grande retablo della condizione umana, stanandole come un segugio tra le pagine di questo libro corposo, composto di lunghi poemetti dal respiro ampio, certamente discontinuo, ma proprio per scelta di un progetto che tende a toccare molti respiri, molte corde e mondi.
Respiro ampio, che esige uno sguardo sempre aperto, in grado non solo di fermarsi sul particolare, sull’inquadratura minima, ma poi di allargare lo zoom verso l’intero, il mondo tutto, il senso del mondo tutto; le storie, la Storia.
Parlerei, allora, come ipotesi e traccia di percorso tutto da verificare e da sviluppare, di uno sguardo cinematografico, a vasta campitura; di un poema in quadri affiancati, capaci di raccontare persino pezzi di storia per afflati emotivi fatti di pietà e sdegno, di vicinanza e distacco. Poesie spesso accompagnate da numi tutelari, dal ricordo di persone, di eventi, di luoghi conosciuti e frequentati.
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dal poemetto PATRIA DELLE PATRIE
dedicato ai fieri patrioti “dell’Ottocento tutto, italiani e non solo; ed in particolare ai combattenti e idealisti immortalatisi nel ‘49, sul Gianicolo, per il sogno concreto del nostro Risorgimento e la difficile gloria di una ‘Repubblica Romana’, le cui anime sembrano proprio, oggi e per sempre, trasmutate, celebrate e imprigionate in statue”. (nota introduttiva dell’autore)
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1 –
Io so che la notte si svegliano, i morti
della Patria, guatano o piangono, deliranti
in silenzio come numi a tutela del Tempo,
scortecciati e in prosa da sculture di gloria:
quando quel loro strano bosco cittadino
si sente più protetto dalla notte e dal vento
– e i rami pure storti si rinsanguano, fresche
le foglie tornano parole, sguardi di nomi…
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2 –
Più che rito d’amore, è convegno d’anime:
come se i loro stessi grandi cuori tornassero
a battaglia, s’immolassero ancora e ancora
per l’alba vera di un’Idea, tregenda o veglia
maiuscola solo di Pace… E la Pace combatte,
dilania ancora quei volti che il giorno trova immoti,
consacrati e freddi di pietra, avulsi quanto prima
vissero invece ‘romantici’, eroi di spada e penna,
poeti che la Patria l’amarono come un’amante –
ogni notte qui ad attenderli, a svegliarli di baci.
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4 –
Ogni notte si ridesta – quel Reggimento di Eroi
e Roma bella dall’alto, tornano a guardarla
melanconici o fieri, ciascuno per suo conto …
Mameli coi suoi versi, e Dandolo, Morosini, Manara …
Quassù il Vangelo presa in sposa l’Utopia del Mazzini,
l’emozione, l’equazione semplice che ben pochi
accettavano: “Dio e Popolo”, “Pensiero e Azione”…
Dei doveri dell’uomo, nessuno si curava!
Ed anche la preghiera mascherava, addolciva le
colpe; forse ammansiva gli animi, sedotti dentro
il fitto mistero del dogma, la celestiale, ora assediata
roccaforte del Credo: “Dio esiste nella nostra coscienza”…
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6 –
E’ il Buio il loro amico che nasconde questi brevi
risvegli! – resurrezioni/rifrazioni fra le foglie
e i tronchi, più severo il sorriso a ogni volo d’uccelli
in visita, o passerotto stonato… Ma già l’inverno
passa – e con la primavera ci fa tardi, e quanto è
bello salire, divagare tra gli amici, o qui col proprio
amore, da riempire di baci, giurarLe Grand’Amore:
e il nome cambia ma sempre identici gli sguardi,
chi ama s’illude eroe anche d’una sola carezza!
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8 –
Ci pensa Dio, la notte, a lavare quei visi,
inginocchiarsi e aspergere gli stanchi piedi
invisibili…La statua è come un albero
che le radici ha nel Tempo, e i rami sono
imprese, rischi, i meriti redenti e ormai varcati …
Cristo/Uomo è con loro, e già lo immagino
dialogare con tutti, benedire ogni nome – perfino
tirare il poncho a Garibaldi! … Contorti rami, braccia
più sicure: di reclamare, meritare l’abbraccio.
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11 –
Non essere più statue, ma eroi di tutti i giorni:
fragili, umili, travestiti da Anonimi che ogni dì
combattono per non arrendersi all’ombra,
per non scendere in basso dove il fiore
si sciupa al vento e il tempo non lo accoglie…
Primavera ci premia, i miti e forti li decora
Eroi – eroi tranquilli e semplici, vivi e sereni
in patria: ma la Patria è l’Amore, ed ha
i confini supremi, forti solo di Luce, e le parole
di ogni inno che più resta in silenzio e più
ci giunge, trova il porto del cuore, il “Vascello”
di pietra che crollò a cannonate per salpare…
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