ULTIMI LIBRI: Rinaldo Caddeo, L’INCENDIO

Rinaldo Caddeo, L’INCENDIO, postfazione di Mauro Germani, puntoacapo 2021

Si tratta di una raccolta di racconti, genere già visitato da Rinaldo Caddeo in passato – se ne possono leggere di bellissimi in un libro antologico della sua opera pubblicato qualche anno fa “Siren’s song”.

“Non c’è niente di innocuo o di rassicurante in questi racconti brevi, fulminei e fulminanti, di Rinaldo Caddeo”, scrive Mauro Germani nella postfazione.

“Con la sua scrittura di sorprese e di agguati, di enigmi e di incubi, ma al tempo stesso lieve e rapida, in linea con le Lezioni americane di Italo Calvino, egli ci consegna una narrazione che ci disorienta, mina ogni previsione, allarma, apre precipizi, capovolge le aspettative, si arresta in una sospensione enigmatica oltre la quale sembra profilarsi un inizio indicibile. (…)

Caddeo si muove all’interno di uno spazio letterario, oggi così poco praticato in Italia, in cui il cosiddetto ‘fantastico’ (…) irrompe improvvisamente nell’esistenza dei personaggi per attestare la propria realtà dimenticata, il suo esserci, la sua presenza dentro di noi. (…)

Nei racconti di Caddeo i protagonisti hanno nomi bizzarri, non vengono descritti fisicamente, potrebbero esseri tutti e nessuno, ma vengono colti in momenti particolari, decisivi. Come se provenissero da altre storie rimaste a metà. (…)

I personaggi appaiono vittime di un che di innominabile, il quale però, a ben vedere, sembra essere la trasfigurazione delle nostre angosce collettive”.

Insomma, una scrittura kafkiana, dotata di uno scatto, di un accadere veloce, tragicomico, che il grande autore del Castello sembrerebbe non avere – anche se Kafka amava leggere “La metamorfosi” ridendo, ad evidenziarne un elemento tragicamente ironico che a prima vista non apparirebbe – .

La brevità di questi racconti, inoltre, ci dice di una propensione all’abbozzo in creta fresca, ma considerando l’espressività e la forza in sé della materia grezza, capace di cogliere l’essenziale della sostanza, il suo nucleo. Insomma, una forma bruciante della verità che si mostra nella sua brutale essenzialità, senza fronzoli naturalistici.

Spesso, leggendo, ci vengono in mente le creature fantastiche e inquietanti di Max Ernst, anche se in questi racconti l’indicibile si mostra partendo dalla forma consolidata del corpo umano, ancora ”umano”, prima dell’avvento irreparabile che lo abita. Ma ci sono anche altre situazioni in queste pagine; sfondi, paesaggi, quinte di un teatrino di sogni in cui collocare personaggi come questo:

L’ULTRAPIATTO

C’era un ultrapiatto.

Lo prese e lo scagliò.

L’ultrapiatto rimbalzava sulla superficie dell’acqua. Rimbalzava e rimbalzava, fino a divenire minuscolo e a scomparire dietro l’orizzonte, senza smettere di rimbalzare.

Passano i giorni.

AHHH!

L’ultrapiatto ha fatto il giro completo del globo e gli si è conficcato nella schiena.

*

L’INCENDIO

Ieri l’ho visto, dalla finestra, arrivare nella strada dove abito.

L’ho visto sgusciare dal buio della terra, prendere in mano una mano dalle dita ossute e magre e strizzarla e poi un’altra, tozza e grassa e poi un’altra né magra né tozza né grassa e poi un’altra ancora. L’ho visto entrare dalla bocca scendere nel collo.

E’ vero, non si vede, ma si riconosce la sua presenza dalla reazione.

Alcuni si guardano le dita o le alzano come candele accese.

Altri si toccano le guance, si tirano le orecchie, si grattano la gola, si prendono per il naso. Alcuni impallidiscono, altri diventano rossi. Altri sputano, tossiscono.

Altri, lo sguardo fisso, davanti, proseguono per la loro strada. Altri si voltano dall’altra parte, guardano altrove.

Altri attraversano di corsa. Altri, invece, si sono schiacciati contro i muri o si sono accucciati o si sono sdraiati, divincolandosi sull’asfalto, o si sono infilati nei portoni.

Chi a braccia levate, urlando, gli occhi sbarrati, chi muto, a testa bassa.

Chi con le dita tra i capelli o in bocca o nelle scarpe.

Chi con le mani in tasca, sperando di spegnerlo tra i propri vestiti, tra le proprie cosce, tra i propri talloni, ma è peggio.

Altri, invece, sono rimasti impalati, con gli occhi chiusi a sentirsi bruciare come fiaccole vuote.

Era lui, non c’è dubbio. Un incendio senza fiamma che prende forma senza motivo, scoppia senza un innesco o carburante. L’unica è starne alla larga, dietro i muri di casa.

Parte dalle dita delle mani. Poi si trasmette a tutto il corpo. Poi se ne va da quel corpo, passa a un altro.

Attacca anche simultaneamente più corpi, altri li risparmia, senza una ragione, in un raggio di 20-50 metri.

Arriva e svanisce ma non si spegne. Si sposta di città in città, di quartiere in quartiere, di paese in paese.

Le cose, invece, tutte le cose, rimangono intatte.

Da dove viene? Che cosa è?

A chi ne cade preda nulla viene risparmiato. Persino i ricordi. Non resta nulla, tranne paura e dolore.

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