Alberto Toni, MARE DI DENTRO

Alberto Toni, MARE DI DENTRO, Puntoacapo 2009

toniSono poesie d’amore, queste di Alberto Toni, autore che conosco dai tempi di LIBRO D’ORE, pubblicato per jacabook.
E quando leggo poesie d’amore, fortissimo è il richiamo ai due più grandi libri d’amore del ‘900: “La distruzione o amore”, di Vincente Alexandre, e “La voce a te dovuta”, di Pedro Salinas. Di quei libri sento tutta l’eco e la distanza; ed è un ricordo pericoloso, che rischia di confinare nell’ombra qualsiasi altra poesia d’amore improntata al puro godimento delle forme (sentimento e corpo); che sia preghiera senza steccati, contemplazione.
Qui, ad arginare questi rischi, è la presenza del mare con le sue onde calme e le sue bufere, nell’altalenare, letteralmente, di una zattera sospesa tra il desiderio di ritorno a Itaca e quello della resa tra le braccia di Calipso.
Mare di dentro è il mare dell’esserci guardando la superficie, quindi nella sostanza, nell’essenza di amore. Ma è anche ricordo, pericolo della perdita, rischio di inabissarsi, ambiguità temporale tra il presente e il ricordo, sospensione dei pensieri e improvvisa presenza del qui e ora:

Ancora percepisco il corpo,
l’urlo, allora vuol dire che
il cielo anche se nero è
percepibile e vivo. Tutti mi
parlano adesso, mi cercano e
cercano un conforto da me.
Se soltanto non mi chiedessero
continuamente la direzione.
p. 16

E’, soprattutto, un invito alla parola a non tacere. Molti i richiami a questa preziosa opportunità che hanno i poeti:

Se burrasca è un invito alla parola,
come sul piede di guerra e i tasti
lasciano il segno,
scendi per me di nuovo a terra,
allinea i passi del pensiero,
la figura, la rada, la penombra,
l’intimo sentimento della rotta.
p. 18

perché non sono solo,
perché l’onda dopo
il tumulto ora è
più calma e potrebbe
anche fermarsi. Allora si fermerebbe
anche l’ardore delle parole? A tanto arriverebbe?
p. 19

Non per ultimo, il mare è riferimento letterario: Omero, Dante, Conrad, D’Arrigo; strada di un viaggio non precisamente popolare, ma personale, indossando il berretto di Neruda ”per foggia,/per natura misteriosa e panica”, p. 27.
Ed è, soprattutto, porto dell’isola da raggiungere in una barchetta di visuale memoria, soli, in attesa di vedere la Patria comune di tutti:

Tempo è venuto dell’ardore che vince la vita.
Un posto nell’eterno, un amore
che sfida la tempesta del mare.
Ora dal fragore esce la schiuma
dei tempi e il compimento, quasi
fosse un giuramento voluto tra
versi di mare. E il tempo della
casa nuova nell’abisso per essere
per tutti una memoria e un faro.
p. 47

Sebastiano Aglieco

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