“VA PENSIERO” PER LE STRADE DI MILANO

Questa sera pioveva a Milano, una pioggia fitta e cattiva, di quelle che ti bagnano le ossa e non ti danno tregua. In piazza Scala la polizia in tenuta antisommossa, evidentemente in servizio per una manifestazione – fa sempre impressione vedere la polizia in veduta antisommossa a un corteo di lavoratori che difendono i loro diritti. –

Questi lavoratori erano i coristi, gli orchestrali, le maestranze del Teatro alla Scala che protestavano per i noti tagli promossi da questo governo contro gli enti lirici.
Il corteo è fitto di ombrelli, non si vedono le facce ma si sentono le voci. I giovanissimi con maschera bianca neutra e un cartello dove c’è scritto: sono un licenziato. Qualcuno in abito da lavoro, tenuta scura, elegante. Altri con impermeabile e cappello. Mi arriva l’impressione di una piccola massa e mi aggiungo. Cerco i mie due amici coristi, le cui incazzature ho seguito in questi giorni attraverso facebook; finchè qualcuno non deciderà di mettere le mani in questo spazio, forse, almeno quì si potrà ancora dire qualcosa che assomiglia vagamente alla verità.
Sento cantare, a un certo punto: “va pensiero”. Cantano con un volume di voce spropositato, mentre il corteo si avvia verso Piazza Scala e improvvisamente le facciate delle case contengono la voce, la rimandano al petto, alla gola. E’ impressionante sentire “va pensiero” per le strade di Milano: mi ricordo il funerale di Verdi, il silenzio delle carrozze, la paglia cosparsa per le strade, come raccontano le cronache, per non disturbare il maestro. Mi ricordo quanta fatica e quanto sangue sono stati versati per creare questa cazzo di Italia, almeno sulla carta; e penso anche che queste cose me le posso ricordare solo perché alle scuole elementari me l’hanno raccontata questa storia, la mia maestra mi ha fatto sentire “va pensiero”, mi ha detto che dire viva verdi voleva dire “viva vittorio emanuele re d’italia”.
Insomma, penso che ricordare sia diventato un lusso per pochi e a sentirla questa sera, “va pensiero”, per le strade della città dove aveva avuto un senso profondissimo averla composta contro un nemico e per amore dell’Italia, beh, penso che oggi, come allora, l’Italia ce l’abbia ancora un nemico.
Penso che in questo paese la destra, attraverso l’assunzione di provvedimenti di questo tipo, stia cancellando il valore della cultura e del suo ruolo profondamente sociale. “Va pensiero”, questa sera, era un civile atto di rivolta. Era un cantare a voce alta, con foga e passione, la morte della poesia e della musica, della sua funzione redentrice e spirituale. Era la voce lamentosa di una fetta di città che cantava la sua stessa morte, il suo affossamento, l’altissimo grado di barbarie raggiunta.
C’era una bara all’inizio del corteo. Che tristezza, mi dico. Questo paese da tempo ha eletto le televisioni di Berlusconi prima, poi la cosiddetta tivù del servizio pubblico, garanti di un mostro che loro definiscono “cultura” . Che volete che gliene freghi a Berlusconi e al suo seguito, preservare l’identità delle istituzioni culturali più alte di questo paese! Da tempo la cultura, per loro, è un’altra. Il taglio dei soldi agli enti lirici è solo un atto dovuto. Se qualcuno, in questa sede, vorrà dirmi che ci sono delle priorità rispetto ai diritti dei lavoratori, non posso concordare. Non mi sembra che questo governo stia garantendo i diritti di nessuno, né tantomeno dei lavoratori.

Arrivo a una mobilitazione venendo da un’altra mobilitazione della scuola, questa sera: il tempo pieno definitivamente affossato – causa i tagli della signora Gelmini – e  probabilmente si vestirà a lutto anche la Scuola. Probabilmente dovremo abbassare tutti il capo e fasciarci davvero a lutto per molti decenni ancora, perche gli italiani voteranno come hanno sempre votato, complici una sinistra che da parecchio tempo ha gettato la spugna e non sa che pesci pigliare e dei sindacati che si muovono solo quando devono cavalcare la protesta per dire che l’hanno organizzata loro e hanno garantito che tutto si svolgesse secondo legge e regole.
Questo è un paese di merda, che sta svendendo come una puttana e a quattro lire la ricca mercanzia che i nostri antenati ci hanno consegnato: arte, cultura, scienza, ricerca, pedagogia, in nome di un mercato becero che affossa stipendi e vite a seconda degli ondeggiamenti pilotati della Borsa; che permette di rubare, basta che si faccia con le mani pulite. Che permette di diventare ricchi, belli, potenti, e famosi, basta che si sia disposti a calare le braghe e a darla a qualcuno. Chiaramente faccio riferimento alla dignità.

Sì, Bruno, sono spuntato improvvisamente tra gli ombrelli, e mi chiedevo, e mi dicevo: ma che ci faccio io qui? Non sono un orchestrale, non sono un artista del coro, non faccio parte delle maestranze del teatro alla scala. Però sono un italiano che ha sentito va pensiero per le strade di Milano e ha pensato di avere una storia profonda che qualcuno sta cercando di strappargli di dosso come un vestito smesso.
Stasera, alla Feltrinelli, mezzo reparto era costituito da opere dvd scontate a metà prezzo. Ho speso duecento euro, alla faccia della miseria! Mi comprerò un paio di pantaloni in meno ma il piacere profondo e la commozione di sentire la musica di cui sono impastato, non me lo potrà togliere nessuno.
Buona lotta a tutti
Sebastiano

12 commenti

  1. scrivere oggi viva i verdi forse significa passare ad un semafori, tutti i semafori, che si sono accesi insiemme dentro il rosso del sangue che si ribella.Non può fare a meno. NON SI PUO’ CONTINUARE A LASCIARSI ACCETTARE CON L’ASCIA che raddoppia la dose ogni giorno, MA NESSUNO CHE SI RICORDI COME HA FUNZIONATO LA STORIA fino ad oggi? I governi sono stati l’abito rinfrescato del tiranno di turno e la democrazia, questa che si atteggia a matrona, ha solo un lifting feroce che le tira la faccia da terga, cioè da un passato dove si specchia ancora benissimo il fascio che le tiene il petto alto e il braccio per aria.RESTA lo stesso punto di arresto, la tracotante pantomima di una falsa capacità di trovare soluzioni.Per cui è ora di cambiare metodo è ora di ricordare che non siamo caproni, che chi porta ancora avanti il paese non sono certo quell’ammasso di cialtroni, ma tutti quelli che sanno stringere la cinta e andare avanti senza un sacco di consumi inutili. Dunque facciamoli dei tagli, facciamoli noi i tagli alle loro produzioni, non consumiamoli più.f

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  2. Grazie. Certo, consumare di meno paccottiglia e nutrire la casa dell’anima. Questa sarebbe la vera rivoluzione. Ma chi la fa?
    Sebastiano

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  3. cominciamo da noi e diciamo agli altri, quelli che frequentiamo, che a loro volta frequentano altri e altri e…poi è facile fare economia domestica, viene naturale.f

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  4. Vedi Sebastiano , prendiamo atto che l’ineffabile “papi”, complice l’acquiscenza inane della Sinistra , si è preso ormai un bel vantaggio : diciotto anni di sottocultura televisiva e di promozione di disvalori hanno prodotto una vera e propria mutazione antropologica , hanno anestetizzato le coscienze , hanno promosso lo sviluppo senza progresso che porta fatalmente alla barbarie che abbiamo sotto gli occhi .
    Una volta scomparso dalla scena questo individuo , forse ci vorrà altrettanto tempo per non parlare più di “italietta”, per non vergognarci più di essere italiani . Ora come ora , al degrado possiamo opporre soltanto quell’idea di bellezza e di pulizia morale che ci viene da gente come Gramsci , come Norberto Bobbio , come Saverio Borrelli ; dai fior di magistrati e giornalisti veri e propri martiri difensori della democrazia e dell’onestà a tutti i livelli . Ma a queste pulsioni devono seguire i fatti , i nostri comportamenti di ogni giorno , il continuo sorvegliato confronto con la nostra coscienza , l’esempio soprattutto ai più giovani , a costo di pagare di persona esponendoci e dichiarandoci . Saremmo in quattro gatti ? Emarginati e trattati da fessi o da ingenui ? Chissenefrega . Saremo la cattiva coscienza dei più che hanno perso l’anima e se ne vedono una passargli accanto . Non è detto che non si ravvedano .

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  5. Caro Leopoldo, intanto grazie. Poi concordo. Il problema, però, è come riuscire a dare rilevanza politica, non privata, a comportamenti quotidiani che, seppure pervasi di buona volontà etica, rimangono privati. Al papi sta bene tutto, finchè qualcuno non appaia in televisione a dire ad alta voce che si è rotto i coglioni! Allora partono gli sproloqui. Oggi la gente riesce di più a esprimersi attraverso facebook che attraverso le rappresentanze culturali, politiche o partitiche. Significherà qualcosa?
    Sebastiano

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  6. un tempo c’erano i carbonari, c’erano i movimenti clandestini.Oggi c’è la palude di facebook,in cui tutto arriva e scompare,ma esiste il passaparola e può diventare martellante,asfissiante,tanto quanto la pubblicità fa nelle reti televisivi,e la considero TUTTA PUBBLICITA’, anche quella politica, anche quella dell’informazione gestita e diretta a favore di chi paga le emittenti.
    A quanto ammonta il popolo di facebook? Il numero è alto e questo basta per fare una sommossa.Ciò che serve però è la testa,l’idea che percorra tutte le altre menti:questo è la rivoluzione.Questo è ciò che servirebbe,usando i mezzi e non i mezzi termini.f

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  7. Il fatto che oggi ci sia facebook e non movimenti, aggregazioni reali di persone pronte ad esporsi in maniera chiara ed incisiva, mi inquieta e non poco. Facebook è una palude che accoglie tutto, che non discerne, che segue l’onda emotiva del momento, una forma di egotismo corale che disorienta, confonde più che aggregare. Offre nuovi strumenti pubblicitari alternativi a quelli televisivi, ma il tutto a mio avviso è quantomai sterile. Quel che occorre è un chiaro risveglio delle coscienze e ciò sarebbe possibile solo a un livello molto alto. “La rigenerazione” della nostra Italietta umiliata potrebbe partire da persone della tempra del “Principe” di Machiavelli, il cui messaggio ahimè è stato molto spesso frainteso. Io sono piuttosto pessimista al momento, non riesco a vedere spiragli di luce. Un caro saluto a voi tutti, Rosa Salvia

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  8. questo accade da noi, gli italiani sono storicamente restii alle rivoluzioni e prima di smuoverli chissà cosa servirebbe.La guerra partigiana era di una piccola parte della popolazione e anche oggi è rimasta ferma lì l’inquadratura della popolazione. Fermi, proni, pronti a discutere parole su parole costruendo un vuoto di tutto. f.f

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  9. care Rosa e Fernalda , sento facebook come un salotto in cui ci si può anche sbragare – vedi ultimo conato di etica che mi è venuto – spesso, certo, è un’occasione mancata, che si riduce al chiacchiericcio e alla leggerezza, non credo, per esempio, che linkando, come faccio sempre, i materiali che escono su questo blog, qualcuno li vada veramente a leggere. io sono pessimista sull’italietta, purtroppo. a volte quando sento qualche amico siciliano che mi dice: tutto uguale, tutto uguale… mi chiedo perchè in altre regioni dell’italietta debba essere diverso. non so neanche se basti la buona volontà delle persone: queste prima o poi si stancano e si chiudono in una sorta di malinconia, mentre la spazzatura altrui imperversa nelle strade. detto questo, il lavoro, in tutti i sensi, chiama e a volte salva… un saluto

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