Una riflessione di Silvano Sbarbati sulla situazione delle librerie nella sua città.
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Libreria- cambiare nome?
Vitaliano Trevisan scrive nel suo Works
Libreria è una parola arcaica…e ormai le librerie che sopravvivono, se non solo Feltrinelli, comunque ci somigliano. Bisognerebbe trovare un’altra parola.
Leggo quanto sopra dopo aver comprato il libro, ieri. Sono entrato in una libreria nuova. Corso centrale, prima c’era una catena di abbigliamento. Caspita, uno spazio così ampio, così ben arredato, pare una libreria di quelle che incontreresti nelle città grandi. Cosa è successo da noi provincia della provincia ? Cosa mai è accaduto per investimenti così controtendenza? Domande inevase, mentre con un veloce stupore passo in rassegna gli scaffali e noto che i libri – quelli che dovrebbero esserci per poter essere comprati e che sono ben pubblicizzati da tivvù e giornali – ci sono tutti. E messi di copertina. Del resto lo spazio non manca. Una giovane commessa sta spiegando un libro a due ragazzi che le hanno chiesto di farne confezione regalo. Rimasto solo, non so perché a bassa voce, con soggezione, le chiedo se hanno “Works” di Trevisan e la pronuncia del titolo mi esce fuori con tutta la carica del mio pessimo inglese. Mi mangio la parola, la sputacchio malamente. Lei gentile, rapida : Certo, mi risponde, e altrettanto rapida va a prenderne una copia (ce n’è difatti una sola) dicendomi con un sorriso “Bellissimo… e visto che le piace di questo genere c’è anche…”. Prendo in mano “Works” cercando di capire quanto costa (euro 22) e così non mi arriva alle orecchie titolo e autore del libro che la commessa solerte mi sta suggerendo. Alla cassa pago col bancomat e guadagno pure una bustina di plastica per”Works”.
Esco come sotto skock, ovvero imbambolato. Autore importante, libro bellissimo. Ci sta. Ma quel che mi stordisce è che – con la velocità di un algoritmo – chi vende i libri in libreria abbia deciso di aver capito i miei gusti in letteratura. Non sapendo che di Trevisan ho letto recensioni, critiche, riflessioni prima di avvicinarmi ad un suo testo. Da qualche mese, e so di essere in ritardo sulla tabella di marcia dei lettori avveduti che stanno sul ‘pezzo’ delle novità. Di ho guardato la faccia in diversi ritratti, e compulsato la biografia dolorante fino alla conclusione tragica. Però, adesso, in libreria conta che, siccome ho comprato un libro di Trevisan è probabile, che i miei gusti mi facciano decidere di comprare un libro di un certo altro autore.
I libri stanno in libreria per essere venduti, non si scappa. E quel conta è saperlo fare bene. Io non sono più un lettore. O meglio, prima di essere un lettore, sono un customer, un cliente. Salvo però che mi si prende alla gola, facendomi la radiografia dei gusti di lettore per trasformarmi (stavo per scrivere tradurmi…) in cliente.
Concludo che: sempre più, sempre più spesso, sempre più convintamente quel che conta della Parola è considerarla sacra. E sempre di più vale l’idea che quel che contano – come ripete ad ogni piè sospinto del suo lavoro di recensore il mio amico Sebastiano Aglieco – sono le brave persone (mettendole a confronto con le persone che scrivono).
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Certo, Silvano ha chiesto un testo pubblicato da Einaudi, il testo di un autore “maledetto” e, si sa, gli autori maledetti vendono tanto. Tra l’altro la figura di Trevisan si potrebbe accostare, per storia similare e risvolti drammatici uguali, a un autore francese, questa volta poeta, Thierry Metz che nella sua opera prima, “Il diario di un manovale”, racconta il suo rapproto col lavoro e come fare, attraverso la poesia, per trasfigurarlo in termini significativi.

E se Silvano avesse chiesto un poeta? In genere lo scaffale dedicato alla poesia è parecchio smilzo nelle librerie – ormai chi la vuole leggere e comprare deve usare altri canali, senz’altro più efficienti –
E se Silvano avesse chiesto un libro “autoprodotto “print on demand”?
Insomma; concordo col fatto che al termine “libreria” andrebbe cambiato il nome, ma nel senso di un servizio ponte tra l’autore e il lettore; una specie di luogo di passaggio, di tramite, di mediazione, e non un luogo dove necessariamente si vendono libri cartacei. Del resto sono gli stessi lettori a percorrere da anni strade alternative ormai consolidate e che le librerie si ostinano a non considerare; questo è uno dei motivi della loro chiusura.