Ultimi libri: Rita Pacilio, QUASI MADRE

Rita Pacilio, QUASI MADRE, peQuod 2022

Questa recente prova di Rita Pacilio può essere immaginata come parte di un dittico tematico che include un altro suo lavoro: GLI IMPERFETTI SONO GENTE BIZZARRA. E’ cioè testo che fa i conti con le figure portanti della propria biografia, figure difficili probabilmente, ma proprio per questo muse di poesia, di parole necessarie da dire.

In questo caso, mentre nell’altro libro campeggiava la figura del fratello, qui è la madre a farsi statua di ghiaccio che si scioglie e si congela, a seconda degli umori e degli accadimenti di un tempo del tutto personale.

Il testo è costruito intorno alla necessità, agli strappi dei ricordi, a un presente urtante; corteggia un endecasillabo sghembo che ha la funzione di raggrumare senza disperdere. Ne scaturisce un racconto emozionato in cui i fatti sono reali ma, lungi da un diaristico accadere, si fanno portatori della madre di tutti noi.

Così Piero Marelli nella postfazione:

“Si tratta, anche e soprattutto in questo libro, di compiere un bilancio, o forse, meglio, una riflessione sulla lirica contemporanea nel suo bisogno di esprimersi, naturalmente secondo i criteri che appartengono all’autrice, ma che sono anche il prodotto di una scelta stilistica e morale”. “Una poesia riflessiva la sua, un monologo non egocentrico ma proiettato nell’altro, la madre come metafora della continua creazione dentro il pericolo di perdere o di dissolversi di tutto un mondo che è anche l’esaurirsi di una cultura insieme alla richiesta di un altrove ancora tutto da trovare, in una scrittura di fondo poematica che gli permette uno sguardo fermo sulla realtà”.

*

Mamma ti ho portato le caramelle

per rinsecchire il nodo che ho in gola,

lo faccio per me come le bianche preghiere

in cui deposito sconfitte e le cose vane

ti racconto che sto male, l’aorta, la tosse

gongoli nel tuo inverno maledetto

e non mi vedi, non mi vedi.

Sento ribollire la vendetta, aspetto

unoduetre minuti le parole che stai

pensando accuratamente. Sai spezzare

ogni ferro con la lingua, ti sale la vampata

della rabbia e dici: Maledetto il giorno

che ti ho messo al mondo.

p. 38

*

In questi anni c’è stata bufera e poesia

lì ad aspettarci tra il peso del risveglio

e i commenti sul morto della giornata.

Ti ho raccontato due bugie di seguito

cercando di ingannarti come fosse

la favola eterna della nostra estate.

A me viene da piangere a vederti stesa

ho timore di non riuscire ad abbracciarti

ancora scuoti la testa seguendo

il pellegrinaggio fino alla cella chiusa.

Alzo la mano per darti il mio saluto

a tutti apri le reliquie della pupilla severa

intanto si gela l’aria senza voltarti.

p. 41

*

Mi vorrei uccidere e maledico la morte!

Lo ripeti come un ritornello ancora e ancora

oggi ti sei inventata i graffi sulle mani

i capelli strappati e un livido sul collo.

Sai dire le bugie quando vuoi morire

ma siamo noi figlie a fare i conti con te

a sopportarti da morta nella vita

stringendo tra le mani ogni lamento.

Se potessi guardarti come madre

vulnerabile negli occhi che vanno oltre

se potessi insegnarti a sorridere

farei la piccola creatura al tuo seno.

Pur di colorare i fiori di novembre

entrerei nell’armatura di Achille

cadrei scuoiata per recuperare la pena

ma il punto non è questo, lo sai bene.

Guardi dal vetro: Con chi sei venuta?

p. 46

*

L’assenza ti ha mischiata al silenzio

a tu per tu con l’erba sommersa

campagna che occhieggia

alle caviglie resilienti senza timore

della mescolanza, segno stampato

sull’anima travasata in mezzo alla mano

durante la risacca.

Te lo dicevo che correvi veloce

sugli alberi bassi senza rami

all’altezza dell’aroma del cedro

in questo spazio che disperde e ci fa

cadere a terra proni e a occhi aperti.

p. 7

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