Giancarlo Sissa, Archivio del padre, MC 2020

MC è una collana di poesia curata da Pasquale Di Palmo. I libri appartengono ad autori già affermati, con una loro strada alle spalle, e in genere meritano, più che un giudizio, la valutazione di un percorso.
E’ il caso di ARCHIVIO DEL PADRE, di Giancarlo Sissa, che, afferma Di Palmo “conferma, con questa intensa raccolta, l’originalità della sua voce, caldeggiata sin dai suoi esordi da Giudici. (…) In questo journal, riportato quasi integralmente in una prosa poetica ricca di baluginanti epifanie, si ripercorrono, con stile piano e discorsivo, le vicissitudini legate alla figura paterna in un continuo scambio di ruoli che sconfina in una vera e propria immedesimazione”.
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8 ottobre 2018
Bisognava avere pietà prima di smetterla. Di avere sempre ragione.
Ora è venuto il tempo della serietà e della severità. Ora è venuto il tempo della passione e della compassione. Della presunzione.
Le barche si preparano alla nebbia del grande fiume. A raccogliere i bambini del secolo scorso. Nidi senza piume.
p. 27
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Venerdì 12 ottobre 2018 Mantova
Il corpo di mio padre nella bara è un gesto enorme. La morte è lo scandaglio luminoso. Il nome che porta via. Le ceneri posate al mattino sul lago. Che da bambino attraversò a piedi in un gelido. Inverno di ghiaccio e giochi.
Come è leggero il fuoco verso il sempre ultimo sapere. Imparare. Per amore di chi è stanco deve. Poter andare. Andare.
Come in treno fra i campi gli aironi bianchi.
Caro Papà. Da quel giorno interi. Pezzi di mondo cadono dal calendario. Stanchi come fossero veri.
p. 29
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Marco Munaro, Le falistre, MC 2021

“Vanno come falistre le parole di Marco Munaro, singolare figura di poeta-editore che sembra aver raccolto l’eredità di Bino Rebellato, di cui non a caso ha curato in modo magistrale l’opera omnia.
A distanza di trent’anni della stesura queste sue combustioni liriche, presentate per la prima volta in forma integrale dopo un accurato lavoro di revisione, si configurano alla stregua di un godibile romanzo familiare, costruito intorno a un repertorio fantasmatico costellato di presenze decisive che in realtà sono dolorose assenze”, (P.D.P)
Così Marco Munaro nelle note: “Anche se un nucleo più antico risale al 1983, Le falistre furono quasi tutte scritte tra il 1990 e il 1991, dopo il mio primo viaggio in Grecia e la composizione di Ionio, testo che apriva una nuova, diversa faser della mia ricerca poetica e della mai vita.”
Le falistre, ricorda sempre l’autore, sono “ ‘faville’ e ‘fiocchi di neve’, nel dialetto (altopolesano) di mia madre”.
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Sono testi, dunque, memoriali, improvvise accensioni che poi si spengono rapidamente, come, appunto, i fiocchi di neve che cadono sull’asfalto o le faville dei fuochi accesi con gli stecchi secchi. Memoria fotografica, direi, che rapidamente ferma sulla carta l’abbaglio del ricordo – non sappiamo, poi, quanto il ricordo conservato per lacerti e strappi, sia capace di restituire interamente la realtà delle cose – . Qui le cose rammemorate assumono a volte la forma di un breve racconto/fiaba, altre volte di una voce che raccomanda, ordina; spesso è la voce dello stesso poeta che ricorda e racconta a se stesso, quasi a voler concentrare nelle breve immagini di queste falistre l’essenza dell’accadimento, il puro precipitare dei fatti prima del brillio.
Nessuna malinconia avvertiamo in questi ricordi. Piuttosto, la mancanza di didascalia, di insegnamento morale. Le cose accadano non perché noi possiamo imparare qualcosa – una legge morale, un ammonimento – ma per la necessità e l’incoscienza del puro accadere; l’accadere ci trascina nella pura essenza del fatto. Ciò che possiamo fare, forse, è attraversare la tempesta, l’inganno delle luci, senza farci troppo del male. (S.A.)
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Lo senti l ‘odore fresco dell’erba
premere contro la faccia schiacciata
per terra? Fa male? Prendimi il braccio,
stòrzamelo dietro la schiena
fino a quando se nono grido, pietà!
p. 37
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Devo uscire – aria invernale –
o primaverile ma tersa –
e apparire nell’orto.
Devo sfasciare tutto.
p. 51
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Ricorda il male cghe,
per il tuo bene, ti hanno fatto.
p. 52
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La fontana è ghiacciata e il sole splende
sul mondo, per trasparenze infrangibili
su cristalli che stanno per cadere
appena soffiati, in onde concentriche
che ci sospingono sempre più al largo,
dove non si tocca. La lastra è certo
tra poco cederà. Corriamo. Io guardo
dall’alto, l’occhio sinistro mi pende
sul volto scorticato su cui preme
il piede fanciullescamente ignaro.
p. 54
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Latino, matematica, francese
italiano…
L’ultimo esercizio ancora, e poi un altro.
Ragazzi, ore e ore sospese …
Sul tuo tavolo miniato
di scritture, palinsesto
chissà se abbiamo lasciato
un gesto.
p. 61
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Lo spazzacamino vive sui tetti
dentro comignoli, tubi, grondaie.
Dorme dentro la stufa
rossa,
vola insieme alla luna.
E’ lui che farà tana
e ci libera tutti.
p. 16