Paolo Donini, TUTTO E’ BELLO, LietoColle/Ronzani 2022

Qualche mese fa annunciavo l’uscita di un libro bellissimo, di cui ho avuto il piacere di curare la prefazione. Si tratta di TUTTO E’ BELLO, di Paolo Donini, LietoColle/Ronzani 2022. E’ un dialogo/diario in presa diretta tra un padre e il suo bambino. Con trepidazione l’adulto segue la crescita del bambino, ne ascolta le domande e le osservazioni sul mondo, lo indirizza, con l’aiuto delle sue parole, verso l’approssimazione di un senso dell’esistere.

Qui due passaggi della mia prefazione:

*

Crescere non vuol dire liberarsi definitivamente dei mostri. Quelli dell’infanzia, dopotutto, non sono che presagi degli uomini neri che incontreremo da adulti. I mostri sono bambini che, forse, senza la presenza di un padre e di una madre, non hanno imparato a leggere il Male che può nascondersi dietro una pretesa di Bene, o il Bene dentro ogni forma del Male. Si sono anneriti e ghiacciati, come Lucifero, nel fondo del suo regno. Il padre, infine, si fa da parte, sbircia, a distanza il primo viaggio del bambino verso il paese dei mostri che dovrà imparare ad affrontare da solo, il “paese dei mostri selvaggi”.

Tu naviga quieto sulla corrente,

ogni essere che incontrerai, ogni cosa,

guardali più attentamente che puoi

e quando alla proda li vedrai farsi avanti

irti di squame e di zanne lucenti, gli occhi

di brace, dalla tenebra gelida e oscura, dì ai mostri

il tuo nome, toccali perché se non avrai paura

essi ti faranno Re.

**

Che cosa è, dunque, educazione, per Paolo Donini? E’ accompagnare Pollicino verso una magnifica foresta, lasciarlo solo sperando che se la cavi. Tornare, infine, se non ha perso la strada, verso “ due vegliardi incanutiti e stanchi”. L’educazione sarebbe, insomma, questione di “ un pugno di briciole / o alla meglio, di sassolini bianchi”.

Questo nella realtà di sempre, nella storia di crescita o smarrimento del bambino che deve farsi adulto. Da solo o insieme. Eppure il padre, nel suo desiderio di accompagnare, sa bene che la luce lontana che vediamo accendersi nella foresta, splende imperitura, per tutta la vita. E’ la luce che mamma e papà hanno lasciato accesa. Perché si può sempre ritornare nella casa del padre. Ci si torna sempre.

Sto costruendo con te

il ricordo del padre,

che sia buono e saldo

perché su quello

come su una fune

attraverserai in equilibrio

l’abisso fra te e me.

Stare con un bambino, lo sa bene chi ne ha fatto e ne fa esperienza tutti i giorni, vuol dire rinunciare al proprio egoismo e alle proprie pretese di adulto. Vuol dire esserci sempre; essere due grandi occhi, due mani accoglienti. Vuol dire rimanere in contatto con un tempo della vita in cui ogni cosa era possibile; in bilico tra il Bene e il Male, tra la Gioia e il Dolore. Vuol dire sospendere il tempo della propria finale entropia. Vuol dire farsi attraversare – il maestro è una terra da attraversare, ho scritto in un’altra occasione – .

Nella bellissima preghiera finale, il padre riempie le parole di desideri e di propositi: ti laverò, ti porterò, ti sosterrò…nessuno potrà toccarti…Paolo Donini dà voce ai padri, alle madri, ai maestri, dichiarando la rivoluzione della Cura, parola che i tempi oscuri della Storia dimenticano. E quando questo accade, muoiono i padri e le madri e non nascono i bambini.

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