Corrado Bagnoli, AL PRINCIPIO ERA VICINO…

Corrado Bagnoli, LA CASA VISITATA, puntoacapo 2021

Questi ultimi testi di Corrado Bagnoli seguono il filo delle immagini di Alessandro Savelli, grandi quadri dedicati ai temi portanti del cristianesimo: Genesi, Annunciazione, Crocifissione, Resurrezione, Pentecoste.

Bagnoli si fa interrogare dalle grandi domande della fede, le stesse che l’essere umano accoglie in sé sul mistero della sua origine, del suo compito nel mondo, sul senso della morte.

E un libro, questo, fortemente intriso di spiritualità “carnale”, in sintonia con un cristianesimo sicuramente non mistico ma caravaggesco. Tutte le cose del mondo, secondo Rilke e Bonnefoy, accettano di parlare di sé solo attraverso un gesto capace di attraversarle – nel caso di Bagnoli è lo sguardo e non direttamente la parola a far scaturire la parusia del divino – .

Questo sguardo si accende, letteralmente, della visione, e cioè di un guardare attento, svelante il velo dell’apparenza che ci separa dall’altro da sé.

E’ uno sguardo, dunque, in sintonia con Savelli proprio nell’accezione del disvelare i sensi della pittura: le sue accensioni, le sue ombre. E’ nelle pieghe del gesto pittorico che Bagnoli riconosce l’ascensione del gesto della parola.

Secondo questo ragionamento la poesia praticata nel libro, è meditazione, prassi della meditazione, assai vicina alla pratica dell’ascetismo buddista o della spiritualità dei grandi mistici. La parola scaturisce davanti all’atto del vedere, che poi si fa visione.

Ne è prova il fatto che, i quadri di Savelli, così spogli e così accesi di pittura accecante, non attenendosi ai particolari, alla descrizione spicciola di fatti, tra l’altro, così celebri, non possono permettere allo sguardo una scannerizzazione dei particolari. Il poeta, dunque, procede che per auscultazione della pittura, cogliendone i sensi per stratificazioni di sensibilità e impatto culturale.

Libro, dunque, come breviario di meditazione; lento, calmo, profondamente sensoriale, vicinissimo all’esperienza della preghiera.

Si potrebbe dire anche un’altra cosa: il percorso di Bagnoli – di un sacro praticato nel quotidiano del saper vedere, francescanamente, il buono che abita le cose malgrado gli assalti del dolore – è semplicemente poiesis: e cioè il modo stesso che ha il poeta di far poesia, dichiarandola nella sua natura più intima: parola che scaturisce in rapporto con l’altro da sé, riconosciuto nel dentro di sé, per frizione o consonanza.

Bagnoli, cioè, scrivendo con lo sguardo, mette in atto nello stesso tempo la forza della riflessione filosofica sull’accadere, sui meccanismi, in presa diretta, dell’essere meditante che abita la parola. Le due sezioni più indicative, in questo senso, sono quelle dedicate all’annunciazione dell’angelo e alla venuta dello spirito santo: veni, veni, spiritus…

L’accadere del movimento, di qualcosa, cioè, che improvvisamente si muove, ci smuove, abita, ci abita, è il momento cruciale in cui la parola si fa sguardo, costretta a scostarsi da sé, dal suo momentaneo non essere. E’infatti la casa, tema tanto ricorrente nella poetica di Bagnoli, il perimetro in cui questo movimento accade; in cui, investiti, sentiamo improvvisamente di essere guardati e la necessità di restituire lo sguardo.

La poesia, insomma, per Bagnoli, secondo un percorso poetico tra i più robusti, sensibili e commoventi degli ultimi anni, è un segreto che si apre al mondo, allargando il nostro sguardo verso la possibilità di una qualche forma di salvezza.

*

Ancora una volta è l’inizio,

un vortice che parla prima

delle parole, fluire di una luce

che proviene da chissà dove

e attraversa l’ala di polvere

e diluvio. Dalla sua origine

gettata qui, come in un fuoco

che abita tra i muri, ci passa

oltre e invade la casa e l’ora.

(dalla sezione ANNUNCIAZIONE)

*

Tommaso è sempre uguale, e lui lo sa.

Ma come dargli torto? Che cosa fai,

gli apri a un uomo nella testa un desiderio

grande come un mare e poi lo lasci solo, lì,

cieco ad attraversare, a misurare la distanza?

La casa è come quando apparve l’angelo

e Maria, che lo ha sentito allora, è la prima

a capire che adesso l’aria attraversa

i muri, solleva quasi i loro corpi dalla terra.

La casa è come quando apparve la stella

e gli uomini seppero, conobbero il paese

intorno a loro, la strada per andare via

o tornare. La casa è come quando dieci

giorni prima fu in un turbine di quiete

e la casa fu quiete e turbine che vola via.

La casa adesso è questo lasciare che sia

altro, un impensabile apparire dentro

le sue costole di muro, dentro il suo

fianco di creta e mattoni, sotto le spine

del legno del suo tetto, una lama,

un vortice, un’aria rossa di fuoco.

(dalla sezione IL CINQUANTESIMO GIORNO)

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Un commento

  1. Non conosco i versi di Corrado Bagnoli. Questi che mi segnala Aglieco li ho scorsi nella scioltezza del ritmo e di una apparente semplice intuitività. Poi, rileggendo, mi sono inceppato su quelli in cui si fanno domande a Tommaso. “…..che fai / gli apri a un uomo nella testa un desiderio / grande come un mare e poi lo lasci solo, lì / cieco ad attraversare, a misurare la distanza?”. Questa immagine di una testa spaccata per immetterci un desiderio oceanico mi ha molto suggestionato. Il desiderio è l’essenza dell’uomo – suggerisce Spinoza…e allora il divino che lo spacca per immettere in lui il desiderio mi appare violento e inspiegabile. Se poi il desiderio non è il vuoto di una mancanza, ma un mare da attraversare, allora il mio pensiero si disperde nell’irragionevole, nell’altro oceano dell’inconoscibilmente lontano, inafferrabile alla mente (la testa di Tommaso). Qui non c’è più la testa vuota, ma un oceano, acqua madre di tutte le vite. Infatti questo oceano è “il desiderare” che ha bisogno di essere misurato, proprio per non rimanere soli. Bagnoli è come se avesse in poche righe messo a contatto il lettore con il desiderare tout court, non un singolo desiderio. Anche perchè un desiderio grande come un mare in realtà è come descrivere il liquido amniotico di ogni desiderio. E qui, infine, arriva l’Altro: quando Tommaso lo si sente lasciato solo, dopo la violenza della testa “spaccata”. Solo senza l’Altro è forse il dolore dei dolori. Misurare la distanza è forse il misurare la distanza tra l’umano e il nulla? Insomma. Grazie Bagnoli.

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