Giampaolo De Pietro, IL CANE CORALLO, ArcipelagoItaca 2019
Il cane Corallo di Giampaolo De Pietro inizia “dal”. Nel suo corpo, dunque, perché un animale è fatto soprattutto del suo corpo e la sua anima è faccenda che non lo riguarda.
Tobia, in fondo, fa tutto quello che fanno i cani: scodinzola, ulula, (canterino), fa le fusa come un gatto; abita un fumetto dall’aria francese dipinto ad acquerello. Passa da una vignetta all’altra lasciando le impronte delle sue zampe che subito svaniscono come inchiostro simpatico.
Giampaolo De Pietro affina in questo libro la sua scrittura leggermente stralunata, destrutturata nella costruzione sintattica, in modo da rendere quel poco di surrealismo che svapora dalle azioni, dalle parole, dai pensieri degli uomini.
Il cane Tobia tutto questo non lo sa, viaggia nella sua dolce inconsapevolezza in compagnia del suo padrone e degli altri; forse se la ride delle parole, dell’affanno e delle preoccupazioni, vede le cose in movimento, verso la loro naturale conclusione. Non gli interessano improbabili risposte.
Fermarsi è
cosciente a un
passo da ciò che
non lo è, solo un
cenno o un
colore aggiunto –
guardo negli
occhi il mio cane
che forse è
vecchio –
conosco quello
sguardo
p. 39
*
Tobia
mi ha dato molto fiato
col fiuto esagerato
è un cane naso di velluto
Tobia
vestito di giallo
un cane col mantello
che sa far la corte ai cespugli
Tobia è
pure
una papera
un leoncino impaurito
un fenicottero
un fiore d’acanto
p. 15