Roberto Maggiani, ANGOLI INTERNI, Passigli 2018
Non sono molti i libri di poesia che espongono il loro pensiero facendone oggetto di poetica. La poesia, spesso, è mimetica, nel senso che non dice direttamente ciò che vuole dire ma porta avanti l’arma della forma, il suo vestito da festa.
A volte la poesia si avventura verso i campi anestetizzati della filosofia; altre volte verso il raziocinio delle scienze; altre volte, ma non è molto di moda, si fa liturgia.
“Uscire fuori” vuol dire allora dichiararsi, andare verso una prosa simulata, esprimersi con le lingue di altri statuti. Vorrebbe dire, insomma, secondo un ragionamento classico, fare della sperimentazione, dell’avanguardia.
Il libro di Roberto Maggiani si situa nelle traiettorie sghembe di molteplici percorsi, salvo, poi rientrare, forse per formazione e sensibilità, nella tradizione di un umanesimo tutto occidentale, capace di scaldare il ragionamento e ricondurlo a una tradizione di lingua, di sentimento.
Perché, in fondo, il ragionamento scientifico e filosofico scaturiscono dall’impossibilità di una risposta definitiva e, laddove la scienza è più capace, quantomeno, di descrivere le leggi dell’universo, essa non è in grado di sfondare le porte di una conoscenza definitiva. Perché come dice Maggiani, in un passaggio del libro, in fondo anche la scienza è espressione di una modalità inventiva, un attributo della fantasia.
L’io, dunque, è destinato a ritornare sempre nel qui e nell’ora, perché, se anche i sentimenti possono essere considerati equazioni, sviluppo nello spazio tempo di cause misteriose, essi non perdono mai la forza potente e contraddittoria che ci rende umani: dispotici, utopici, sensibilissimi, feroci.
Tutto il libro si dispiega nel doppio registro della riflessione “fredda”, desiderosa di capire il dolore, l’inizio, la fine, e di un passo minimo, compiuto in direzione delle cose e delle persone; un modo che è solo dell’uomo di arginare la paura e lo smarrimento pronunciando e inventando nomi.
Così, per esempio, le poesie dedicate alla nascita del nipote Pietro, caldissime nella descrizione dei moti affettivi, fanno da spartiacque tra il prima e il dopo del libro, fino alla descrizione della fine: la disfatta del mondo. A sottolineare, tuttavia, proprio nelle ultimissime pagine del libro, che la fine è solo un termine, e prima ci sono tutte le motivazioni ad esistere delle cose viventi e non viventi, Maggiani dedica l’ultimo testo all’immagine di una minestra, metafora del rimescolio della materia dell’universo, che noi possiamo avvertire, concretamente, come sostanza che impatta col nostro pensiero e con la nostra sensibilità. Tutto questo rimescolio, questo pensiero incessante, questo afflato inesauribile verso la vita e la creazione, è conservato dalla memoria di due esseri che si uniscono, e decidono di stare insieme, nel grave compito dell’amore.
1
Come uno chef
raccoglie affétta e rimescola
nature animali e vegetali
nello spazio di una cucina
così un poeta raccoglie
tutto il Cosmo in un solo verso.
2
Dio ha una verità
che ripete di continuo:
la comunica negli alberi in fiore –
tra i versi di qualche poesia –
o mentre affetto la carne
e rimescolo la minestra
per questa mia biologia.
Ma sempre la dimentico.
3
Certi pensieri se ne vanno via tutti.
Uccelli notturni dalle grandi ali
cantano nel buio –
solo due tra noi ne hanno memoria.
Àua àua.
p. 132
Grazie Sebastiano, per questa tua nota di lettura così attenta e focalizzante su alcuni punti di equilibrio e svolta del libro. In particolare mi piace che tu abbia evidenziato questo: “Perché, in fondo, il ragionamento scientifico e filosofico scaturiscono dall’impossibilità di una risposta definitiva e, laddove la scienza è più capace, quantomeno, di descrivere le leggi dell’universo, essa non è in grado di sfondare le porte di una conoscenza definitiva. Perché […] in fondo anche la scienza è espressione di una modalità inventiva, un attributo della fantasia.”
Echeggia, nella tua lettura, una pregnante sensibilità umana e poetica; in poche adatte parole ho l’impressione di ricevere in dono i miei stessi versi. Grazie.
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