Annamaria Ferramosca: è l’ora delle prove distratte di attraversamento

Annamaria Ferranosca, ANDARE PER SALTI, ArcipelagoItaca 2017

Andare per salti, evitare le pozzanghere, i piccoli fossi, crearsi varchi nel traffico.
Passare da un pensiero all’altro, a tentoni; smozzicare i pensieri, le parole, unire cose lontane, allontanare cose vicine…
Chiedere alla scrittura di essere presente/paziente/pertinente, filo di Arianna che lega centro e periferia, lontananza e vicinanza nel tempo, oblio e memoria, accusa e interrogazione, rinuncia e perdurevole richiesta…

hanno esili braccia come leve di luce
a sollevare la grave pietra umana
non vagano per salti loro ma
per larghissimi voli
sulla nostra laguna sconsolata
a intercettare il centro innocente
la forma fetale del cuore

(sembra che cadano dall’alto le parole, p. 45)

Così provo a sintetizzare, per immagini, il libro di Annamaria Ferramosca, di circoscriverlo in pensieri semplici.
Perché questo andare per salti non avviene in uno spazio breve, in un tempo che si brucia all’istante ma nell’arco di una riflessione ampia, disilusa: nello spazio geografico dell’umano, nell’estensione della nostra Storia personale e nella Storia di tutti.
Spazio/casa in cui abita l’anima soggettiva, e spazio/mondo in cui l’anima collettiva ci richiama all’appartenenza, non sappiamo se ormai perduta o in fase di misteriosa metamorfosi.
Passaggi, ecco: homo tecnologicus, auricolatus, multimediaticus, ipercomunicans. Homo sapiens, homo?
Troppo seria è la materia del dire perché si possa approdare a un aperto sberleffio, a una in/sana risata.
Piuttosto ci troviamo nel risvolto didascalico della spiegazione epocale, della frustata a Clio e della perdita di memoria.
La Storia è fatta di substrati e non può che dircelo una città come Roma, dove ancora voci vivide ci circondano, dicendoci chi siamo e da dove veniamo.

Qui non sono i miei passi a calpestare
orme millenarie
qui accade un’inversione
è l’antica via che mi attraversa
con le sue dita quadre di basalto

p. 57

Non può che dircelo la farina e il pane, il gesto semplice delle mani di produrre senso e nutrimento.

A mezzogiorno passarvi il pane
insieme tornare a casa
come stringendo al petto il mondo
prima della prossima tempesta

p. 55

Non possono che dircelo i bambini col loro pensiero/azione, fatto di metafore vive e di alcuna risposta.

Io tua piccola alunna tua maestra
mi metti seduta spossessata di storia
sotto l’arco del tuo tempo abbagliante

p. 29

Andare per salti: resa e strategia di sopravvivenza della stessa poesia, che non è mai potere , sopraffazione, maschera, ma nutrimento, incontro, conoscenza, sinceramento, s/smascheramento, persino.
Andare per salti non baisassa le domande, certo, e non le elude; non crea buchi, solchi incolmabili ma voli, piccoli voli nella cui luce le parole vagano, si perdono per strada, facendo approdare solo quelle necessarie, quelle che, forse, ci aiutano a capire dove stiamo andando, quale nuovo stridente vocabolario dobbiamo rifondare. Cosa saranno le città future, cosa dovranno dire i poeti, tu…

tu lanci parolefrecce tu ne sei ferito
tu vuoi lasciare un segno tu lo stai cercando
tu contempli tu interroghi
tu insegui la realtà tu l’utopia
tu nato leader tu solo gregario
tu solo volontario tu solo contro tutti
tu clown per mestiere tu inconscio comico
tu modello da imitare tu solo mimo
tu aguzzino tu vittima
vera o consenziente (lo sai solo tu)

resta la poesia?

tu
tu fuori dalle riserve dai recinti
tu fuori dalle guerre dai labirinti
tu fuori dai ripari dai raggiri
tu contro la violenza l’indifferenza
tu per l’uguaglianza nella differenza
tu non per la tolleranza ma per l’indulgenza
tu che pensi non ti fai pensare
tu che sbagli rifletti e fai riflettere
tu che scrivi per salvare bellezza
e per liberarti non per liberare
tu che chiedi perdono ancora per gli uccisi
tu che
solo-con-le-parole solo-con-le-parole

p. 70

 

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Un commento

  1. Grazie di questa tua lettura generosa e profonda, Sebastiano. Se il mio libro ti ha attraversato, significa che ho una casa! E’ raro trovare tanta dedizione e cura della parola in quest’oggi di derive.

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