Lella De Marchi: Malina, nella roulotte, Arcipelago Itaca 2017

Lella De Marchi, Paesaggio con ossa, Arcipelago Itaca 2017

 

Per poter “essere”, la poesia deve scaturire dalla presenza di un’altra forma, un corpo che la smuova per mezzo dello sguardo, la percezione di un altro da sé doloroso e interrogante.
Ed è quanto avviene dall’incontro con questa donna, Malina, incontrata nel ristretto spazio di una roulotte, dissociata e dolorante, forse stuprata, forse tossicodipendente.. “Capii che certi sguardi non si possono dimenticare”, dice Lella De Marchi in una nota introduttiva.
Sono proprio questi occhi a riportarci all’esperienza della parola come forma dell’ethos e del polemos, non in funzione di un riscatto sociale ma di una restituzione del mal torto, di una interrogazione, di una domanda fondante capace di giungere all’essenza, forse all’assenza.
Molti versi e molte chiuse di questo libro ci suggeriscono un paesaggio altro, una geografia dell’anima: “Malina nuda e distesa nella roulotte è un immenso paesaggio / con ossa, vita che vive senza ornamenti, vita che vive solo di sé”, p. 9; “il tuo corpo nudo e sfinito non è un corpo vero. / fuori di qui non esiste nemmeno”, p. 22.
Laddove il dolore scava la geografia del corpo, questo tende a farsi sempre più drammatico ed evanescente, sempre più interessato a dare di sé un’immagine di riscatto.
Così, mentre il corpo di questa donna soggiace alle leggi del mondo, alle conseguenze della sua causa, ciò che emana da esso, è una bellezza che non coincide con un’idea di bellezza condivisa e incarica la poesia di dargli una nuova casa di senso. Addirittura questo corpo a volte sembra scomparire dietro la forza prorompente della metafora che lo trasforma in senso alt(r)o, in sostanza spirituale.
A un certo punto questa poesia è costretta a riflettere sul perché si scriva, quale sia il senso del dire di qualcosa che sostanzialmente non può essere detta: l’oscuro che abita il corpo. E’ una questione che emerge nel testo forse più bello del libro, che qui riporto:

stiamo bene soltanto dentro le celle come le api
pensiamo soltanto a produrre del miele scartando
nella discarica tutto l’amaro in forma di elenco
obbligandolo alla putrefazione.
tracce. Smarrimenti. deviazioni. derive.
c’è una cella per ognuno di noi, con sotto scritto
l’origine il luogo di appartenenza la serie fossile
il teorema inventato per ognuno di noi.
l’ermetismo non dice niente di oscuro è più vero
che abbiamo paura di quello che è oscuro.
Gli artisti dentro ai musei gli avvocati nei tribunali gli
operai nelle fabbriche le prostitute per strada.
e Malina, nella roulotte.

p.37

Il passaggio successivo è proprio la sovrapposizione tra il corpo di Malina e altri corpi di donna portatrici di senso: Ketty la Rocca, Gina Pane, Cindy Sherman, Vanessa Beecroft… e infine Amelia Rosselli…

Amelia distesa nella roulotte delle esistenze dette più
volte e rimaste da postulare in fondo alle scale si
lascia guardare da noi dal nostro essere vivi, dell’essere
vivi. Nuda respira quandanche nel vuoti di
sé nel vuoto creato da sé comunque respira.
(…)
Amelia nuda e distesa nella roulotte è un immenso paesaggio con
ossa, vita che vive senza ornamenti di necessari ornamenti.

p. 59

La poesia si fa, infine, essa stessa, corpo offeso, luogo, forse l’unico, in cui si possa parlare del mistero che ci abita.

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